La via fluviale ed endolitoranea

Luogo Alto Adriatico e pianura padana

La successione quasi ininterrotta di fiumi, foci fluviali, paludi, lagune e laghi litoranei che nell’antichità caratterizza la pianura padana e la costa occidentale dell’alto Adriatico ha favorito lo sviluppo di una intensa navigazione fluviale, assecondando la natura del territorio e cercando di trarre vantaggio dalle sue peculiarità.

L’insediamento di Ravenna, posto all’estrema propaggine sud orientale della pianura padana nell’area deltizia del Po, è sin dalle origini un luogo favorevole alle transazioni tra il Mediterraneo e l’area padana. In età preromana i prodotti arrivavano nei porti di Adria e Spina per poi essere ridistribuiti fino alle Alpi.

Mappa romana dell’alto Adriatico: agli estremi dell’arco Ravenna, in basso, e di fronte l’Istria. Sotto Ravenna la “linea” della via Emilia e le sue stazioni, e quindi la dorsale appenninica. Particolare da un’incisione di Ortelio del 1598 che riproduce la tavola Peutingeriana, una mappa romana redatta intorno al 350 d.C. Bibliothèque nationale de France

La sistemazione della rete idroviaria riceve un fondamentale impulso dal potenziamento del porto di Ravenna che in età augustea (1° secolo d.C.) diviene sede stanziale della flotta militare romana per il controllo delle regioni nord orientali, nonché scalo di riferimento per i traffici commerciali tra il nord Italia, la costa dalmata e il Mediterraneo. Necessitava quindi di efficienti collegamenti navali che potessero essere favorevolmente sostenuti dal sistema produttivo dell’entroterra padano.

L’importanza derivante da questo ruolo genera la necessità di dare sicurezza alla navigazione fluviale attraverso il mantenimento e il potenziamento dei corsi d’acqua, anche con opere e infrastrutture idriche importanti. Dall’altro lato conferisce a Ravenna una grande ricettività, facendone di fatto la cerniera tra la navigazione adriatica, quella padana e quella endolagunare. L’intersezione di queste tre direttrici è garantita dalla fossa Augusta, un canale artificiale realizzato nell’epoca di Augusto lungo parecchi chilometri e ampio sino a sessanta metri, per intercettare il ramo più meridionale del Po all’altezza dell’antica Spina, nei pressi di Baro Zavelea.

La via del Po

Da Baro Zavelea si poteva risalire controcorrente il Po con imbarcazioni idonee, avvalendosi anche del traino di animali su strade poste a ridosso dei corsi d’acqua. Plinio ci informa che il Po era navigabile fino a Torino. Attraverso stazioni di scambio e porti fluviali si sviluppa un fitto impalcato di transazioni che garantiva il rifornimento nell’entroterra di derrate indispensabili, come il sale.

Principali vie d’acqua e di terra nella pianura padana e nell’alto Adriatico in età romana imperiale. Le due principali vie di terra nella mappa: la Aemilia, da Rimini (Ariminum) a Piacenza (Placentia), e la Popilia, da Rimini ad Aquileia via Ravenna. Mappa di Sara Vasini dalle tavole 39 e 40 del Barrington Atlas

I principali porti fluviali erano Brescello (Brixellum, nella mappa), Piacenza (Placentia), Pavia (Ticinum), Cremona, fino a Milano (Mediolanum) e Torino (Augusta Taurinorum); ma da qui si diramava una fitta rete di collegamenti che capillarmente connetteva tutta la pianura padana a un unico sistema di scambi. Il Po con la sua grande rete idrografica costituiva un’arteria fondamentale. Secondo Strabone seguendo il corso del Po bastavano due giorni per andare da Piacenza a Ravenna. L’indicazione è assai istruttiva sul grado di efficienza dei servizi di navigazione fluviale, che in questo caso avveniva in 48 ore senza sosta e quindi mediante adeguate infrastrutture.

La via endolitoranea

L’altra dorsale d’acqua corre parallela alla linea di costa (endolitoranea), da Ravenna ad Aquileia. Si tratta di una via complementare e alternativa a quella marittima. L’idrovia per la navigazione endolitoranea consente, oltre a una relazione diretta tra i centri costieri e quelli dell’entroterra, spostamenti regolari e sicuri entro la linea di costa anche durante la brutta stagione, quando il traffico marittimo era drasticamente ridotto.

Le tre principali città collegate dall’idrovia endolitoranea che fiancheggiava la sponda occidentale dell’alto Adriatico erano Ravenna, Altino e Aquileia. Questo sistema di comunicazioni sopravvisse fino alla tarda antichità grazie alla presenza di un naturale complesso di vie d’acqua navigabili, ma nel corso del tempo si era reso necessario perfezionarlo con lo scavo di diversi canali artificiali di raccordo, chiamati in latino fosse.

Le “fosse”

I primi lavori di scavo delle fosse, funzionali a collegare i bacini idrici naturali lungo l’arco occidentale dell’alto Adriatico, iniziano già in epoca preromana. Ma è con l’età imperiale che, in base alle testimonianze delle fonti storiche, si assiste alla progressiva strutturazione di un sistema organico in grado di collegare tutte le principali località dell’area padana e della pianura veneto-friulana comprese tra Ravenna, Altino e Aquileia.

Modellini di navi romane in vetro, usati come contenitori. 1° secolo d.C., da Aquileia. British museum

Il primo tratto dell’antico ed efficiente sistema idroviario endolitoraneo è rappresentato dalla fossa Augusta, che univa Ravenna al ramo del Po nei pressi dell’antica Spina; quindi dalla fossa Flavia, che proseguiva fino a incrociare il corso del Tartaro, non lontano da Adria, per poi continuare con la fossa Clodia, fino a Chioggia.

L’attuale laguna veneta era invece attraversata dalla fossa Popilia, che proseguiva fino ad Altino e verso Jesolo prima di collegarsi ad Aquileia. Lungo il percorso dell’idrovia endolitoranea che collegava Ravenna con Altino e Aquileia si possono identificare alcuni resti delle significative strutture archeologiche riconducibili a impianti di ausilio alla navigazione, come probabili torri di avvistamento, fari e punti di approdo e rifornimento d’acqua dolce e alimenti.

Ricostruzione di Marco Bonino della nave romana del 1° d.C. ritrovata nei pressi di Comacchio. In evidenza nella sezione la chiglia piatta, e nella veduta dall’alto i fasciami di origine liburna.

Relitto della nave romana del 1° d.C. ritrovato nei pressi di Comacchio, all’epoca uno dei tanti che solcavano la via endolitoranea o le vie fluviali. Lo scafo a chiglia piatta, dalle ragguardevoli dimensioni, lungo più di 21 metri e largo 5,62, è cucito: una tecnica tipica dei Liburni e importata a Ravenna. L’imbarcazione aveva un albero a vela quadrata, è costituita da tavole di olmo e quercia cucite tra loro con corde di fibra vegetale nella parte inferiore, e assemblate a incastro nella parte superiore. Portava un carico di piombo proveniente dalla Spagna, anfore per alimenti, tronchi di bosso e altro ancora. Per altre informazioni vedi la scheda su Navis.

Per le vie d’acqua non viaggiano solo le merci ma anche le persone, cioè l’amministrazione del potere, il servizio postale dell’impero. Il potenziamento dei collegamenti fluviali da parte dei Romani, soprattutto durante i primi secoli dell’impero, denota la pianificata strategia di rendere possibili veloci spostamenti di grossi contingenti di truppe militari destinati a sorreggere le campagne belliche dell’impero e per la rotazione dei contingenti stanziati in posizioni militari strategiche.

Le vie d’acqua offrono indubbi vantaggi rispetto alle strade: più veloci e più sicure, garantiscono una concentrazione di carico impensabile per le vie stradali. Si è calcolato che le imbarcazioni fluviali potessero trasportare un quantitativo di materiali o prodotti cinque volte superiore a quello ipotizzabile per carri o altri trasporti terrestri.

La competitività del trasporto fluviale favorirà la costituzione di una importante filiera economica. Esistevano organizzazioni professionali di marinai (nautae) specializzati nel solcare queste vie acquatiche e associazioni di costruttori di navi specializzati nella realizzazione di scafi adatti alla navigazione fluviale.
Correlati a questi dobbiamo immaginare servizi di gestione pubblica analoghi alle funzioni oggi rappresentate dalle capitanerie di porto e articolati mestieri per il mantenimento, oggi si direbbe manutenzione programmata, dei canali e dei corsi d’acqua. Queste corporazioni avevano sedi importanti nei centri principali della navigazione fluviale, come a Piacenza, ma erano capillarmente diffuse lungo i tragitti.

Sotto, mappa dei principali siti sulla Fossa Augusta, sulla via endolitoranea e in Istria

 
Sitografia
 
Bibliografia essenziale

Uggeri G. (1997), Il nodo itinerario di Ravenna in età Romana,