Le mura tardo antiche

Luogo Ravenna
Dimensioni 4,8 km

Le mura di Ravenna costituiscono uno dei rari esempi di tracciato murario tardo antico ancora ben conservato per buona parte della sua estensione. Si tratta di un circuito considerevole e irregolare, realizzato in gran parte con materiali di recupero, che cinta un perimetro urbano di circa 166 ettari; un’estensione cinque volte maggiore rispetto alle mura di epoca repubblicana e che la città non sarà più in grado di superare.

Il circuito murario tardo antico assimila anche il precedente tracciato delle mura di epoca repubblicana. All’interno delle mura trovano posto i nuovi quartieri della residenza imperiale e anche altri edifici connessi all’amministrazione pubblica, come per esempio il palazzo della zecca.

Veduta di Ravenna da ovest. In evidenza la cinta delle mura costruite nel quinto secolo. Pressoché spopolati i quartieri orientali e quello sud occidentale. Ichnografia Urbis Antiquae Ravennae, 1722, particolare.

L’ampliamento della cinta muraria di Ravenna in epoca tardo antica costituisce un’anomalia nel contesto dell’edilizia pubblica tardo antica: non vi sono altri casi di estensione delle mura (Gelichi 2006). La costruzione del perimetro murario tardo antico è quindi dovuta al trasferimento della corte imperiale nel 402.

Il progetto difensivo risale all’epoca dell’imperatore Onorio, che tra l’altro promuove anche il mastodontico rinnovamento delle mura Aureliane a Roma. Con molta probabilità le mura ravennati furono completate dal successivo imperatore Valentiniano III e subirono forse interventi di rimaneggiamento al tempo di Odoacre.

Le fonti storiche ricordano che in procinto di scappare da Ravenna sotto la minaccia di Attalo, Onorio nel 408 riceve l’inaspettato aiuto del nipote Teodosio II, che invia da Costantinopoli 4.000 uomini, e li pone a difesa delle mura della città (Sozomeno IX, 8). La stessa notizia viene tramandata da Zosimo (Storia Nuova, VI, 7,6; 8, 1-3).

Veduta delle mura ravennati da nord est, dal mausoleo di Teodorico. M. S. Giampiccoli, Prospectus urbis Ravennae, 1778-1780. Ravenna, biblioteca Classense

Procopio nella Storia delle Guerre ne scrive in relazione al trasferimento della corte da Milano a Ravenna: “quando si annunciava che i barbari non erano lontano (da Milano)… Onorio abbandona la reggia e senza alcun decoro fugge a Ravenna, città fortificata” (III, 2,25).

In alcune fonti viene esaltato invece il ruolo di Valentiniano III. Per esempio nel Liber Pontificalis di Andrea AgnelloStorico ecclesiastico ravennate del 9° secolo si legge:

Valentiniano… arricchì la città di grandi mura e fece chiudere all’interno del muro spranghe di ferro. E fu tanta la sua solerzia che non solo apparivano come ornamento le spranghe di ferro ma anche, se in qualche momento un popolo avesse voluto combattere contro questa città e se non si fossero trovate tante armi quante erano necessarie, dalle spranghe stesse si sarebbero ricavate frecce, lance e altre spade, oppure per qualche altra utilità queste mura avrebbero offerto il ferro, come abbiamo detto.
Valentiniano rafforzò molto le mura di questa città; precedentemente essa era cinta come una fortezza. Mentre nei tempi antichi era piuttosto angusta, il medesimo imperatore l’ampliò e ordinò e decise che, a parte Roma, Ravenna fosse capitale d’Italia.

Le strutture difensive della città tardo antica sono notevoli, con un’altezza di circa 9 metri e uno spessore di 2 metri e mezzo, per una lunghezza complessiva di quasi 5 chilometri. In occidente sono inferiori solo a quelle di Milano e Roma.

Le mura hanno merlatura, ancora individuabile nel tracciato, e probabilmente anche torri di difesa nei punti nevralgici di accesso alla città. Gli accessi alla città sono garantiti attraverso porte principali e porte minori che mettono in luce l’articolazione viaria del tessuto urbano dell’epoca.

Una veduta delle mura da est, da una mappa di Ravenna del 1840 circa. Probabilmente l’ultima veduta: non molti anni dopo furono abbattute per costruire la linea ferroviaria. Parigi, bibliothèque nationale de France

Le porte delle mura attribuibili in maniera attendibile all’epoca tardo antica sono le seguenti, cominciando da sud est e procedendo in senso anti orario:

  • Porta Nuova, conosciuta anche come porta di Cesare o Pamphilia. Anche se non esistono prove tangibili dell’esistenza di una porta nel 5° secolo nel tracciato delle mura, è evidente che in quell’epoca doveva esserci un importante ingresso alla città, per altro indicato in un passo del Liber Pontificalis di Andrea Agnello (L.P. 132).
    La porta delimita l’ingresso alla città per chi proviene da sud, da Classe e dal sobborgo di Cesarea e grazie a essa si accede a uno dei più importanti assi stradali, la Platea Majorla attuale via di Roma, ampliamento della via Popilia, attraversando interamente la città da sud a nord. L’attuale porta viene costruita tra il 1580 e il 1585 in occasione del rinnovamento della strada fino a Cervia.
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  • Porta San Lorenzo, larga circa 4 metri, collega la città con la parte orientale del sobborgo di Cesarea attraverso una strada che probabilmente ricalca l’attuale percorrenza di via Trento-Rubicone. Da questa strada si raggiunge la chiesa di S. Lorenzo nel sobborgo di Cesarea. Il nome della porta appare quindi connesso alla chiesa costruita all’inizio del 5° secolo.  Gli avanzi di questa porta, che era una delle principali della cinta muraria, sono ancora visibili.
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  • Porta Wandalaria, ampia quasi 5 metri, risale all’epoca tardo antica e dalle mura conduce a un settore ancora più orientale del sobborgo di Cesarea attraverso una direttrice che più o meno corrisponde all’attuale asse costituito dall’attuale linea ferroviaria e poi da via dei Poggi. I resti della porta sono ancora visibili, anche se sono in gran parte interrati.
    Costruita probabilmente verso la fine del 5° secolo, anche se di questo intervento non ci sono prove archeologiche. Il nome della porta ricorda una chiara derivazione gotica. Wandalarius è un re goto nato alla fine del 4° secolo e morto verso la metà del 5°. Apparteneva alla tribù degli Amali come Teodorico, suo nipote.
    È possibile che la porta sia stata costruita al tempo di Teodorico perché in quel distretto della città, oltre le mura, potevano essere stanziati reparti del contingente goto, oppure venne realizzata per consentire l’accesso dalla città a una necropoli ariana. Più oltre, lungo il tracciato delle mura, c’erano altre tre piccole porte di dimensioni minori che costituivano ulteriori accessi alla città.
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  • Porta Palazzo. L’accesso alla città dalla porta, larga circa 6 metri, consente il congiungimento tra i due principali poli di amministrazione della città: quello imperiale e quello religioso. Infatti la strada porta dapprima al palazzo imperiale e proseguendo verso ovest, una volta attraversato il Padenna, raggiunge l’Episcopio ortodosso e la cattedrale Ursiana seguendo le direttrici dell’attuale via Carducci e via Mariani.
    Si tratta di una direttrice stradale molto importante che corrisponde all’asse della strada porticata. La porta è stata quindi costruita contemporaneamente alla cinta muraria tardo antica. Demolita nel 1885 per la realizzazione della stazione ferroviaria. Tra la porta Palatii e la porta Artemidoris esistevano altre tre posterule, una delle quali probabilmente in asse con l’attuale via Farini.
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  • Porta Artemidoris, larga circa 6 metri, corrisponde secondo il rilievo di Savini all’attuale asse stradale di via Ugo Bassi. Uscendo dalla porta si poteva accedere all’area funeraria a est della città.
    Non esistono prove della sua costruzione in epoca tardo antica ma risulta difficile poter immaginare la mancanza di un accesso in questo settore delle mura. Il toponimo potrebbe essere legato al funzionario orientale Artemidoro, molto legato a Teodorico, che servì il re come ufficiale  preposto ai divertimenti del popolo, “incaricato di provvedere che nulla mancasse” (Cassiodoro, Variae 7, 10).
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  • Porta nova dei veneziani. Anche se non ci sono prove archeologiche è probabile che prima dell’attuale porta realizzata dai veneziani tra il 1457 e il 1470, per la difesa della rocca Brancaleone, esistesse un accesso contemporaneo alle mura tardo antiche. La porta comunque è documentata dalle fonti nel 929. Andrea Agnello ricorda una Porta nova.
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  • Porta Anastasia Giulia, consente l’accesso a uno dei più importanti assi viari tardo antichi, la Platea Major, che attraversa la città da nord a sud. Nel Medioevo la porta venne chiusa in seguito alla cacciata della famiglia dei Da Polenta da parte dei Veneziani, e da quel momento prende il nome di Serrata. L’attuale porta Serrata viene realizzata nel 1583 a poca distanza in sostituzione dell’antica porta Anastasia demolita nel 1582.
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  • Porta Victoris, ampia quasi 5 metri, corrisponde all’attuale asse viario di via Zanzanigola. La porta è menzionata la prima volta in un papiro del 564; si trova a poca distanza dall’ingresso in città del canale Padenna. Dalla porta si poteva raggiungere la chiesa di San Vittore, da cui prende il toponimo, costeggiando tutta la sponda sinistra del canale.
    Si tratta quindi di un importante asse viario interno della città, ed è probabile che si trattasse del prolungamento di un antico asse cardinale della città. All’altezza della chiesa di San Vittore doveva esserci un ponte per raggiungere la chiesa, poiché la strada si trova sull’altra sponda del canale.
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  • Posterula Vincileonis. Le dimensioni dell’apertura (circa 3 metri) sono minori rispetto alle altre porte. Tuttavia si deve trattare di un accesso importante: è collegato all’attuale asse viario di via Salara, quindi connesso con l’antico cardo maggiore della città.
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  • Posterula di Augusto. Anch’essa contemporanea della cinta muraria del 5° secolo, ha un’apertura di circa 4 metri e costituisce l’accesso a un altro asse viario importante che corrisponde oggi all’attuale via Pier Traversari.
    Le strutture della porta erano ancora visibili all’inizio del Novecento. Conosciamo l’aspetto della porta da un disegno dell’epoca. Andrea Agnello definisce la porta “ombratica” a causa di una torre che sorgeva nelle immediate vicinanze, di cui però non è possibile individuare la datazione (L.P. 289).
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  • Porta San Vitale – Teguriense, corrispondente all’attuale tracciato di via San Vitale. Rimangono ancora in vista i resti dell’antica porta anche se la sua struttura appare in gran parte interrata. Viste le sue dimensioni (circa 5 metri) è un ingresso piuttosto importante, collegato agli edifici religiosi di Santa Croce e di San Vitale.
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  • Porta Adriana. È ricordata nei documenti solo dal 10° secolo. Tuttavia è difficile pensare che nel 5° secolo non vi fosse un accesso alla città in questa zona appena a sud del Flumisello, un affluente del Padenna. La porta del 10° secolo è stata ricostruita più volte nel corso del 16° secolo.
    La porta attuale risale al rifacimento del 1583 in cui furono riutilizzati anche materiali provenienti da Porta Aurea demolita proprio negli stessi anni. Deve il suo nome all’importante asse viario che conduce ad Adria e alle paludi adriane (le paludi circondavano Adria e lambivano a sud Comacchio mentre a nord arrivavano fino a Padova).
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  • Porta Ss. Giovanni e Paolo – Zenone. Aveva una apertura di quasi 4,5 metri e corrisponde all’attuale asse stradale di via d’Azeglio. Prende il nome dalla chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo che sorgeva nelle immediate vicinanze.
    Probabilmente l’originaria chiesa del 6° secolo aveva il fronte rivolto verso la porta, mentre il toponimo Zenone deriva probabilmente dalla presenza del monastero San Zenonis dal 10° secolo.
    La porta si trova nel settore murario di epoca repubblicana, cioè relativo alle mura risalenti all’antico castro romano di Ravenna.  In considerazione di ciò non è da escludere che vi fosse un accesso fin dall’epoca romana repubblicana.
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  • Posterula latronum ad summum vicum. Il nome della porta deriva dalla citazione nel Liber pontificalis di Andrea Agnello (L.P. cc. 127-129). Probabilmente la porta esisteva già nel 5° secolo vista l’importanza dell’asse viario, come del resto attesta anche la definizione “summum vicus”.
    Anzi è stata comprensibilmente avanzata l’ipotesi  che nello stesso punto vi fosse un’apertura precedente, appartenente al circuito murario repubblicano. Tuttavia non si hanno prove archeologiche o testimonianze scritte dirette.

 

 
Sitografia
 
Bibliografia essenziale