Le necropoli

Luogo Ravenna, Cesarea, Classe

I Romani ritenevano che le necropoli, le città dei morti, dovessero trovarsi fuori dalle città abitate, come era indicato nelle leggi delle XII tavole, le quali prescrivevano che i luoghi di deposizione dei defunti sorgessero fuori dai perimetri urbani. Le necropoli si disponevano quindi nei sobborghi (suburbia), lungo le grandi direttrici viarie -come in regione la via Emilia- oppure in prossimità alle vie di minore traffico, come le “glareate” (vie con un battuto di ciottoli o ghiaia) di ambito centuriale. Nel caso di Ravenna per le sepolture vennero utilizzate le aree a ridosso della linea di costa, costituite da dune che dividevano il mare dalle lagune interne, collegate fra loro da vie di comunicazione.

Le strade fungevano da tramite dei valori celebrativi e rappresentativi esplicitati dai monumenti funerari, i quali richiamavano l’attenzione dei passanti rinnovando la memoria dei defunti. Le tombe infatti erano caratterizzate da elementi di riconoscimento che variavano a seconda della classe sociale di appartenenza del defunto: anfore infisse nel terreno, stele, piccoli e grandi monumenti. Le necropoli ravennati sono state individuate dalla zona di via S. Alberto, a nord di Ravenna, fino e oltre il sobborgo di Classe, a meridione.

1-3° secolo

Stele funeraria a tabernacolo di Montano, da una necropoli di Classe della prima metà del 1° secolo d.C. Ravenna, museo nazionale

A ridosso di Ravenna il gruppo di tombe più antiche finora note, databile tra la fine del 1° e l’inizio del 2° secolo d.C., è stato individuato presso la chiesa di S. Giovanni Evangelista, sul limitare della linea di costa antica. Le aree funerarie si ampliarono progressivamente, fino all’età tardoimperiale, estendendosi uniformemente lungo tutta la duna costiera. Alcune sepolture sono state rinvenute anche a ovest dell’abitato, in corrispondenza della via proveniente da Faenza.

A meridione di Ravenna, nella zona di Cesarea e Classe, le necropoli occuparono il dosso sabbioso litoraneo che fiancheggiava la strada romana corrispondente a un diverticolo della via Popilia, nota anche con il nome di via Caesaris e poi via Reina. Numerosi resti sepolcrali fra i più antichi del territorio sono stati individuati nei poderi Marabina, Minghetti, Cà Lunga e Giorgioni.

I numerosissimi rinvenimenti archeologici di tipo funerario, con concentrazioni ad alta densità, indicano una popolazione consistente e continua nel tempo; uomini, donne e infanti venivano sepolti nelle medesime aree senza particolari distinzioni sociali, talvolta anche nelle stesse sepolture a carattere familiare.

Distribuzione e tipologia delle sepolture nelle necropoli

All’interno delle aree funerarie le tombe si distribuivano a gruppi, in settori organizzati con percorsi interni e aree recintate con staccionate e siepi. Le sepolture erano segnalate da stele con epigrafi che riportavano formule stereotipate con l’anagrafica del defunto; le necropoli ravennati hanno restituito molte iscrizioni di marinai della flotta imperiale, in cui sono riportati, oltre al nome, la nazionalità del defunto, gli anni di servizio e spesso la nave di appartenenza; talvolta compaiono ritratti attrezzi da lavoro o simboli del proprio mestiere, come nel caso di Publio Longidieno, carpentiere navale vissuto nel 1° secolo (foto sotto). Più rari sono i sarcofagi, come quello dedicato al liberto Vibius Protus dal patrono Vibius Seneca, prefetto della flotta, rinvenuto nel podere Marabina, a Classe. Due tombe monumentali, con strutture cilindriche di nove metri di diametro, erano collocate entro un grande recinto.

Particolare della stele funeraria del carpentiere navale Publio Longidieno, del 1° d.C. Ravenna, museo nazionale

Ritualità funeraria

Urna funeraria. Ravenna, museo nazionale – IBC

Le sepolture più antiche sono generalmente a cremazioneRiduzione in cenere di un cadavere, come da tradizione funeraria dell’età augustea; predisposte in fosse scavate nel terreno o in pozzetti di muratura che potevano accogliere le ceneri del defunto in urne di vetro, pietra, piombo, ceramica. Il rito funebre prevedeva il banchetto consumato vicino alla tomba, gli oggetti utilizzati costituivano parte del corredo funerario del defunto: vasellame per il banchetto, lucerne simbolo di luce eterna, unguentari, monete per il transito agli Inferi, oggetti personali. Un segnacolo costituito da un’anfora resecata o un tubo in legno o in piombo veniva posto sulla tomba e utilizzato per le periodiche libagioni in occasione delle festività romane dedicate ai morti. Talvolta veniva praticata la sepoltura, legata a un uso funerario e religioso diverso da quello convenzionale; in questi casi per il seppellimento si utilizzava una cassa di legno deposta entro una fossa scavata nel terreno o collocata in una struttura laterizia.

 4-6° secolo

Le necropoli ebbero lunga continuità di vita e furono trasformate in settori cimiteriali, utilizzati fino all’età tardoantica e bizantina. Erano caratterizzate da povere sepolture a inumazione generalmente senza corredo, conseguenza della modificata ritualità funeraria legata alla religione cristiana; tuttavia in alcuni casi, come per esempio nei rinvenimenti di piazzale Farini, le sepolture disponevano di modeste strutture in laterizi forse relative a piccoli monumenti.

Nuove aree cimiteriali vennero create a ridosso delle grandi chiese urbane ed extraurbane, nelle aree consacrate riservate ai cimiteri, ad esempio nella zona della chiesa di S. Eufemia, nel centro di Ravenna, vicino alla basilica di S. Severo, di S. Apollinare e di S. Probo a Classe.

In epoca tarda per le inumazioni furono utilizzate grandi anfore in ceramica, una tipologia funeraria che in epoca romana era riservata esclusivamente agli infanti.